Il mio nome è Alexander Maximilian Stenton III, ma gli amici mi chiamano Lex e la ragione non me la ricordo più. Nasco in una famiglia alto-borghese, con infiltrazioni nobili da parte di madre. La mia bisnonna sposò un conte e questo fa di noi i privilegiati tra i privilegiati. Ovvio che non conterebbe un cazzo se non fossimo anche schifosamente ricchi. Mio padre, omonimo ma con un numero in meno, è il più grande figlio di puttana mai conosciuto. È uno squalo, ha triplicato il patrimonio in borsa e, ancora oggi a più di sessant’anni, continua a mietere vittime tra i branchi di ventenni che gli orbitano attorno. Mia madre, Cornelia Eva Winter, è la ricca figlia di un nobile inglese decaduto che però ha portato una ventata di vera classe in famiglia. Ha fatto, dello scovare un marito ricco, uno sport olimpico e ha mantenuto sempre il giusto decoro di fronte alla vagonata di corna che si porta dietro sin dal viaggio di nozze. Ha indottrinato così bene mia sorella Priscilla alla nobile arte, che ora lei è pronta per accalappiare qualcuno che le permetterà di prendere il posto che le spetta in società. Uno dei motivi, tra le altre decine, per cui sono contento di essere nato maschio. Anche se, per una volta, questo fa di me una preda.
Da sette generazioni tutto ciò che tocchiamo diventa oro. Non c’è settore di investimento che non abbiamo sperimentato e nel quale non abbiamo avuto successo. Come se non fosse abbastanza essere miliardari, abbiamo anche un codice genetico da paura, che si traduce in un aspetto molto piacevole. Il che è un eufemismo perché io, senza modestia dato che non è nella mia natura, sono un notevole esemplare di maschio caucasico. Dopo la laurea in Economia a Harvard, ho deciso di investire il mio indubbio talento nell’editoria e, in poco meno di quindici anni, ho costruito un impero che abbraccia altri settori, in prevalenza telecomunicazioni, e che attualmente vanta più introiti di molti staterelli africani.
So cosa state per dire: “Grazie al cazzo, facile quando si ha la pappa pronta!”
Be’, se pensate che abbia solo dovuto schioccare le dita e godere dei frutti, vi sbagliate, e di grosso.
Mi sono fatto da solo, io.
Una volta laureato ho preso la mia parte di eredità della nonna paterna, dodici miserabili milioni di dollari, e ho lavorato sodo. Per cui, tutto ciò che ho ottenuto da quel punto in poi me lo sono guadagnato. Ora ho trentacinque anni, amo il mio lavoro e quando avrò tempo mi troverò una moglie alla mia altezza: giovane, bella e di classe, oltremodo feconda e con l’unico obiettivo di essere esattamente come io la voglio. In realtà ho solo l’imbarazzo della scelta all’interno di un nutrito gruppo di single di buona famiglia. Le madri non vedono l’ora di infilarle nel mio letto, già peraltro frequentato, con discrezione, da molte di loro. La mia vita è quindi programmata fin nei minimi dettagli, da sempre.
Ecco perché ora sono incazzato. Per la prima volta sto provando che cosa significa essere sull’orlo di un potenziale insuccesso.
L’unico con cui posso prendermela è me stesso; lo sapevo che non avrei dovuto mischiare il lavoro con il sesso. Poi, ovvio, è colpa anche di Cloe, stronza, puttana e cagna.
Otto anni fa, quando ho comprato i diritti per un’assurda storia di vampiri mutanti, chi se lo sarebbe aspettato tutto quel successo? Eppure il primo libro della Ferbes è andato a ruba. Scritto di merda, con errori che neanche un bambino avrebbe commesso se non sotto psicofarmaci, lo avevo dato per l’editing a una giovane stagista che è riuscita a renderlo presentabile, usando uno stile nuovo e fresco. Da allora si è creato un eccellente connubio: la Ferbes mette le sue assurde idee e Cloe le rende pubblicabili. Milioni di dollari di introiti e tutti soddisfatti. L’errore è stato scoparmi la ghostwriter. Dalla mia c’è l’assoluta consapevolezza di essere stato chiaro fin dal principio: nessun coinvolgimento romantico, mai. Ma ho sopravalutato Cloe. La sua appartenenza al genere femminile la rende una predatrice e i suoi “sì, certo, sono d’accordo” erano bugie premeditate. Per circa tre anni abbiamo fatto sesso regolarmente, almeno una volta a settimana, quando lei mi portava il nuovo capitolo del libro in editing. Andava bene a tutti e due, per cui ero sereno. Poi, due mesi fa la Ferbes ha consegnato l’ultimo manoscritto e, come sempre, è partita la campagna pubblicitaria internazionale per creare la giusta aspettativa tra le fan. Al solito ho contattato Cloe e da lì in poi è iniziato l’incubo. Quando è venuta nel mio appartamento ha dichiarato che si sarebbe rifiutata di fare l’editing se prima non avessimo sistemato la questione tra noi due. Alla mia domanda: “Quale questione?” si è trasformata in una erinni assetata di sangue, il mio. La faccio breve perché il ricordo è ancora traumatico: voleva diventare la mia fidanzata e ha preteso che ci sposassimo entro la fine dell’anno. Quando le ho offerto più soldi, mi ha tirato addosso un preziosissimo manufatto egizio dal valore incalcolabile che, per fortuna, sono riuscito a prendere al volo.
Psicopatica stronza!
L’ho sbattuta fuori di casa utilizzando un vocabolario meno forbito del solito e licenziata in tronco, ricordandole il contratto firmato e la clausola che la vincolava al silenzio assoluto sul suo ruolo.
Ora non mi resta che trovare un sostituto, ho solo tre mesi di tempo prima della data prevista per la pubblicazione del libro.
L’insuccesso non è contemplato.
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