Isabel: “Ragazze fate piano» farfuglia in modo strano articolando le parole con difficoltà. Capisco che è ubriaco.
«Perché?» risponde una voce di donna con tono eccitato.
«Sì, dai, perché non possiamo parlare? Ho voglia di dirti tante belle cosine.» Si sovrappone un’altra voce.
«Non fate le bimbe cattive. Vi ho promesso che ci divertiremo, però lo faremo a modo mio. Dovete fare piano perché di là c’è il mio esperimento antropologico preferito, ora spogliatevi e fatemi vedere che cosa sapete fare» dice con voce roca.
So che non dovrei farlo. La parte più saggia di me urla di chiudere la porta e di andare a dormire. Eppure il suono di quelle voci e dei gemiti che presto le sostituiscono, mi attira come una calamita. Spingo la porta ancora di più e quando mi affaccio il mondo inizia a vorticare in un marasma di ricordi e immagini. La stanza è illuminata dalla luce delle abat-jour, Rogue è a letto con quelle ragazze mutanti. Dai vestiti sparsi sul pavimento dovevano essere invitate alla festa. Guardo quel groviglio di corpi e altre scene mi passano davanti agli occhi.
Come se si fosse squarciato un velo iniziano a riemergere i ricordi, prima solo alcuni flash, poi tutti insieme come una cascata, un fiume inarrestabile.
Non riesco più a respirare, come se un peso enorme mi schiacciasse i polmoni.
Crollo sul pavimento e chiudo la porta per non vedere più, ma ora le immagini sono nella mia testa e non riesco a scacciarle.
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