«Non sei ancora pronta? Guarda che facciamo tardi.»
Mi giro e resto a bocca aperta. Indossa un’elegante giacca nera che gli arriva alla vita e un panciotto dello stesso colore. La camicia è bianca, infilata dentro un kilt che apparentemente è nero, ma quando lo guardo meglio noto sottili righe rosse che s’intrecciano nella consueta trama a quadretti. Sul davanti porta una specie di borsa pelosa, stretta in vita con una catenella argentata. Lunghe calze bianche gli arrivano appena sotto il ginocchio e una striscia in cuoio nero tiene ferme delle specie di bandierine che riprendono il tema della gonna. Su un lato ha una spilla dalla forma che conosco bene visto che l’ha impressa per sempre sulla mia schiena, il fiore di cardo.
Rimanendo indifferente chiedo: «Di cosa parli?»
«Del ricevimento di stasera» risponde tranquillo.
Mi limito a fissarlo stranita. A che gioco sta giocando?
«Su, dai, finisci di asciugarti.»
«Se è un nuovo tipo di tortura sono troppo stanca per darti retta, possiamo rimandare a domani?»
«Che dici? Voglio che tu venga con me e visto che comando io non vedo quale scelta tu abbia.» Sorride mentre parla.
«Vuoi che venga per umiliarmi e trattarmi di merda davanti agli altri. Hai bisogno di un pubblico adesso?»
Esce dal bagno e torna con una custodia per abiti. «Questo l’ho preso oggi per te. Indossalo, spero di avere indovinato la taglia» e me lo porge.
Apro l’involucro ed uno splendido abito rosso scivola fuori. È semplice, ma molto elegante, con le spalline che s’incrociano dietro la schiena. Poggio l’abito sul bordo della vasca, alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi.
«Vuoi che lo indossi e che venga con te come tua accompagnatrice?». L’idea sembra ancora più assurda adesso che ho avuto il coraggio di esprimerla a parole.
«Esatto.»
«Perché?»
«Lo desidero e basta. Non sono tenuto a dare spiegazioni mi pare.»
«No, certo che no,» mormoro «ma sarebbero gradite.»
«È Natale.»
«Non voglio venire, non sino a quando non mi dici la vera ragione di questa pagliacciata.»
Mi afferra per le spalle e mi bacia con passione. Apre l’accappatoio che indosso e mi solleva facendomi sedere sul bordo del ripiano di marmo. «Fermami se faccio qualcosa che non vuoi» sussurra sulle mie labbra. La sua mano scende e m’invade intimamente, mentre con la bocca s’impossessa di un seno. Con l’altra mano guida la mia sulla sua erezione, senza ostacoli perché sotto la gonna non porta niente. Mi assale lo stupido pensiero che allora è vero che sotto il gonnellino sono nudi.
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