Lo affronto senza paura.
«Perché? Se non smetto che cosa mi fai potente guerriero mutante?» ribatto sarcastica.
«Non mi provocare Kendra, lo sai che è pericoloso, non ho avuto una buona giornata e sono al limite. Ora ci si mette anche la tua cara amichetta a crearmi casini con Rebecca. Prima o poi dovrò farle un certo discorso.»
«Oh, davvero? Lui è al limite! E che cosa dovrei dire io? Mi chiedi di diventare la tua Empress, io accetto perché ti amo; mi porti in viaggio di nozze e una genia di mutanti pazzi sbucati dal nulla, tra parentesi imparentati con te, e dotati dei tuoi stessi talenti oscuri, tenta di rapirmi per costringerti a consegnare tuo fratello. Quando ti saresti degnato di dirmi che Carlton era l’ultimo dei nostri problemi? Che cosa pensavi di ottenere nascondendomi la verità?» gli urlo in faccia con tutta la rabbia che posso esprimere e, senza tante cerimonie, lo schiaffeggio con forza.
Il tempo si ferma e le nostre vite rimangono in sospeso per alcuni attimi. Poi la sua espressione cambia. Il suo sguardo scivola sul mio corpo e la sua bocca si socchiude.
«Ora come ora il mio unico pensiero è scoparti fino a farti gridare il mio nome ed è esattamente quello che farò.»
Poi fa un’espressione buffa, come se lui stesso fosse stupito delle sue parole.
La mia faccia deve esprimere appieno la sorpresa per quello che ha appena detto.
«Non volevo…» inizia a dire, poi si blocca e le sue labbra si piegano in un ghigno perverso.
Ora è a pochi centimetri da me, e non mi sono neanche accorta che si è mosso. Non mi tocca, ma è così vicino che posso sentire il suo respiro caldo sulla fronte. Avverto la tensione nel suo corpo e mi rendo conto che è prossimo al punto di rottura.
«Devi essere impazzito, il sesso in questo momento è l’ultimo dei miei pensieri» dico a denti stretti.
«In questo momento quello che pensi o vuoi mi è del tutto indifferente.» Ora quasi sussurra.
«Vaffanculo!» sibilo, e mi giro per andarmene.
Mi afferra per un braccio e io lo guardo sdegnata, ostentando una sicurezza che non provo.
Lui fa per parlare, invece si blocca con un’espressione strana. All’inizio penso che stia tentando di riprendere il controllo e resto immobile per lasciargli tutto il tempo. Contrariamente a quello che crede, non voglio portarlo al limite, so quanto sia difficile per lui accettare quella parte di sé che lo rende così potente, ma anche così vulnerabile.
A un tratto si piega in due e resta fermo con una smorfia di dolore che non gli ho mai visto. Un altro improvviso spasmo muscolare lo fa cadere in ginocchio.
«Way che cosa…?»
Il gemito che esce dalle sue labbra è terrificante. Faccio un balzo indietro allarmata. Il suo corpo è scosso da una serie di contrazioni. Poi sento l’odore. Tutti i miei sensi si accendono come lampadine in risposta ai ferormoni che sta diffondendo nella stanza, è come se una cappa lo avvolgesse. Istintivamente indietreggio di qualche passo.
Ci sono momenti nella vita in cui il tempo si ferma e ti sembra di vivere dentro un vecchio film a rallentatore. L’unica altra volta in cui ho provato la stessa sensazione è stato quando ho sentito Victor confermare la morte di mio padre. Anche allora il mio cervello si era rifiutato di credere a quello che stava succedendo. Solo che ora non credo a quello che vedono i miei occhi, cioè lui è lì, ma non è più lui. Il fisico di Waylon, già di per sé il più possente che io abbia mai visto, si sta trasformando davanti a me, anche se neanche tra mille anni potrei trovare le parole in grado di descrivere veramente quello che sta accadendo.
I muscoli della schiena tendono fino al limite la maglietta che indossa. Sulle sue braccia nude le vene si gonfiano come se avesse appena affrontato due ore di pesi. I tendini del collo sono in evidenza e sento che digrigna i denti. Poi arriva il ruggito, o meglio lo definisco così in assenza di altri termini. È un suono alieno mai udito prima, non da un uomo.
Il primo istinto è quello di fuggire, l’improvvisa scarica di adrenalina ha messo in allarme tutto il mio corpo, ho i peli sulla nuca ritti e la pelle d’oca su braccia e gambe, il cuore è oramai un tamburo impazzito che batte sulle pareti del petto.
Ma resto ferma dove sono, perché sono terrorizzata che possa succedergli qualcosa se me ne vado. Non so per quanto tempo rimane in ginocchio sul pavimento. Poi si alza e si guarda intorno più volte, mantenendo la testa bassa, come se stesse osservando la stanza per la prima volta. Sembra più calmo, abbastanza da indurmi a riavvicinarmi per capire se sta bene. Ora il suo respiro è tornato regolare e ciò mi spinge a credere che qualsiasi cosa sia successa sia oramai passata e che la realtà stia rientrando nei giusti binari.
Poi accade. Con una potente spinta mi butta per terra. Si strappa la maglia e la getta via. È come se negli ultimi minuti avesse messo su venti chili di massa muscolare.
«Togliti quell’affare» ordina indicando la vestaglia. La sua voce è diversa, è come se provenisse da molto più in profondità.
Quando solleva la testa e mi fissa con rabbia e desiderio, il mio cuore quasi si ferma. I suoi occhi sono neri come pozze di fango e la pupilla è verde brillante a forma di ellisse schiacciata al centro. Il suo viso sembra di marmo, perfetto e immobile, l’impressione è che i suoi muscoli facciali si siano paralizzati in un’immota espressione di furia.
Oh… Mio… Dio!
Devo averlo detto ad alta voce, perché aggrotta le sopracciglia e mi guarda confuso. Per un momento i suoi occhi ritornano normali.
Scuote la testa come un toro imbizzarrito e quando mi guarda è di nuovo fuori controllo.
Provo ad alzarmi per tentare di fuggire, ma si getta su di me imprigionandomi le braccia.
«Dillo che mi vuoi anche tu. Dillo!» ringhia. Quel viso alieno incombe su di me e la mia spina dorsale diventa di gomma.
«Waylon, ti prego lasciami, mi fai male» balbetto in preda al panico.
«Ti voglio» e mi lecca il collo con avidità.
«No! Non così, non prima di avere capito che cosa diavolo ti sta succedendo. Lasciami andare!» gli ordino, tentando di dare alla mia voce il giusto tono.
«Piccola Kendra, convinta di poter controllare tutto. Nata in un mondo di umani e cresciuta sicura e felice. Che cosa ne sai tu della guerra, dell’odio e della solitudine? Tu non sai niente» sibila nel mio orecchio.
Ora incombe su di me, in ginocchio, e mi tiene per i polsi. Vorrei tanto riuscire a muovere le gambe, ma devo essere in stato di shock perché sono pesanti come il piombo.
Forse intuisce che non andrò da nessuna parte, perché mi lascia andare e si slaccia con lentezza i jeans, abbassandoli insieme ai boxer. Si comporta come un predatore che ha catturato la sua preda. Sono consapevole di quello che sta per accadere, però non riesco a distogliere gli occhi dal suo volto.
Mi strappa la vestaglia lacerando la soffice stoffa e il rumore dei bottoni che cadono sul pavimento assomiglia in modo assurdo a quello di tanti piccoli campanelli. Mi divarica le cosce e mi penetra con un’unica potente spinta, facendomi male tanto è forte l’urgenza. Le sue mani guidano i miei fianchi e le sue dita affondano nella carne. Inizia a muoversi senza freni emettendo dei versi che mi spaventano, ma che sono nel contempo un richiamo. Mi tiene per i capelli, per impedirmi di muovermi, e affonda i denti nell’incavo tra il collo e la spalla, mentre continua a possedermi con forza.
Sento una fitta improvvisa ed è come se con quel morso avesse liberato una parte sconosciuta di me. Inizio a provare un piacere incredibile, sotto di lui e totalmente in suo potere. E mentre dice cose senza senso nel mio orecchio, in parte in Tonguage e in parte in maori, provo una devastante perdita di controllo, un primordiale senso di libertà.
«Dillo… aroha… dimmi che mi vuoi…» chiede con il respiro mozzato mentre smette di spingere. «Dillo!» urla.
«Io voglio te… e toku ariki… Mio Signore… ho sempre voluto solo te» rispondo con una voce che non può essere la mia.
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