A un tratto, sento dei passi dietro di me e mi costringo a non cambiare ritmo o postura. So chi è anche senza voltarmi, per cui continuo a camminare con passo stanco e presto sono in vista del mio alloggio. Si tratta di una casetta di cemento con il tetto di legno, perfettamente inserita nell’ambiente naturale. Mi tolgo i guanti per digitare il codice di accesso, la porta si apre e io entro, senza fretta, soffermandomi persino a sbattere gli stivali sullo stipite esterno.
Nulla del mio atteggiamento, ne sono certa, suggerisce che io sappia di essere pedinata e sia in grado di individuare, grazie al calore emanato dal suo corpo, dove si è appostato il mio inseguitore.
Quando entro in casa e chiudo la porta, non riesco a reprimere il fremito provocato dalla tensione. Mio Dio! È qui fuori. Che cosa faccio? E se vuole entrare? No! Stai calma, se volesse entrare, non potresti impedirglielo comunque, quindi tanto vale incominciare a pensare cosa fare quando arriverà. Mi tolgo il parka e lo poggio su una sedia vicino al termosifone. Cappello e guanti fanno la stessa fine.”
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