Lascio scivolare il mio sguardo su di lui e, complice la luce del mattino, mi soffermo su quello che ieri notte ho solo intravisto. Forte, ben proporzionato, il suo corpo non ha niente di morbido – non saprei come altro spiegarlo – e sulla sua pelle noto dei segni, cicatrici credo, che raccontano una storia che non conosco, ma che vorrei tanto scoprire.
È magnifico.
Incrocio i suoi occhi, riflessi nello specchio, e sento il solito inopportuno rossore che sale.
«Che cosa… che stai facendo?» chiedo con il cuore che batte forte.
«Buongiorno, rossa. A occhio e croce direi che mi sto radendo» risponde sorridendomi dallo specchio, mentre con mano esperta si passa il rasoio sulle guance.
«Ma… non potevi aspettare?» domando e il mio tono non è così acido come avrei voluto.
Siamo separati da un sottile vetro appannato e siamo nudi entrambi: forse attirare la sua attenzione non è stata una buona idea, forse mi sarei dovuta tappare la bocca.
Ridacchia. «Scusa, sono imperdonabile. Ma non preoccuparti, ho quasi finito.»
Ho paura di scoprire che cosa significhi il suo “ho quasi finito”, per cui mi rifugio di nuovo sotto il getto, cercando di risciacquarmi velocemente i capelli per uscire il più in fretta possibile, magari prima che gli venga in mente di raggiungermi. Solo che questa crema è difficile da mandare via e resta attaccata come fosse colla, nonostante i miei sforzi.
Un paio di minuti dopo riesco finalmente a eliminarla, e sto già gioendo del risultato, quando le ante del box scorrono e Ryons entra nella doccia, occupando tutto lo spazio e sottraendo tutta l’aria, almeno a giudicare dalla mia improvvisa incapacità di immetterla dentro i polmoni.