Il mio nome è Ryons. Il minuto di silenzio che seguirà non sarà riempito dal mio cognome, quindi smettete di aspettare. Nel mio documento di identità c’è scritto che ho 41 anni, che sono alto 193 cm e che ho gli occhi chiari. Queste sono le uniche informazioni esatte.
La mia storia è… particolare.
Fin da adesso vi anticipo che quello che racconterò del mio passato è solo una piccola parte di ciò che è realmente accaduto. Se dicessi tutta la verità poi dovrei uccidervi. E se pensate che sia una battuta non avete capito niente della premessa.
È importante ascoltare il passato delle persone, non si capisce chi esse siano veramente fino a quando non si conoscono le loro origini.
Fino all’età di 11 anni ho vissuto in uno dei luoghi più belli e solitari del mondo: l’isola di Jura, nell’arcipelago delle Ebridi, a poche miglia marine dalla costa sud-occidentale della Scozia.
Mia madre era una ragazzina quando mi ha partorito e il nome di mio padre non si è mai saputo. Non era facile essere un figlio bastardo nella piccola comunità dove vivevamo, tuttavia questo fatto mi fece crescere in fretta.
Nel settembre del 1985, un sottufficiale americano, sbarcato sull’isola con il suo reggimento per partecipare a un’esercitazione militare congiunta tra Stati Uniti e Gran Bretagna, cambiò la mia vita per sempre. Patrick, questo era il suo nome, simpatico e sempre allegro, mi regalava dolci e una volta persino un pallone da calcio, ma soprattutto era riuscito a far tornare il sorriso sul volto di mia madre. Non ero stupido, capivo che cosa stava succedendo, udivo i loro respiri pesanti la notte. Tutti dicevano che mia madre non doveva illudersi, che lui se ne sarebbe andato via come fanno le maree.
Avevano ragione, lui doveva andare via, ma prima le chiese di sposarlo. Mia madre accettò con gioia ed esattamente due settimane dopo salimmo su un aereo che ci avrebbe condotto verso la nostra nuova vita.
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