Di questo libro in primo luogo mi è piaciuta l’idea di base e l’ambientazione, pensavo fosse un urban fantasy invece è più un distopico con mutanti in stile Blade Runner. È ambientato in Alaska, luogo magnifico che mi piacerebbe tanto visitare e la storia di come sono nati i mutanti viene affrontata per gradi, ha molte similitudini con la segregazione degli indiani d’America nelle riserve; in pratica, a causa di un’evoluzione della specie umana, si viene a creare una nuova razza, molto più forte della nostra perciò, chi presenta queste caratteristiche, viene prelevato e rinchiuso nei Territori dell’Alaska visto che, come al solito, il diverso fa paura. Le brutalità e le stragi perpetrate dagli umani sviluppano un odio feroce tra le due razze, entrambi vogliono l’estinzione del nemico e alla fine la razza predominante si rivela quella dei mutanti visto che raggiungono un elevato potere tecnologico e medico riuscendo a tenere in scacco la razza umana con i loro medicinali salva vita. Da qui si sviluppa tutta la trama fatta di spie infiltrate da una e dall’altra parte del confine con i Territori dei Mutanti, molto corale e piena di personaggi e questo è uno dei punti che non mi hanno convinta in primo luogo per la mia pessima memoria per quanto riguarda i nomi propri e poi perchè preferisco che la storia si concentri su una coppia alla volta. Altra cosa che non mi ha convinta è il ricorso al doppio punto di vista di Waylon e Kendra nel senso che ogni fatto viene raccontato prima da uno e poi dall’altro con gli stessi dialoghi e la cosa risulta un po’ pesante. Mi piace conoscere a fondo come la pensano entrambi in certe situazioni ma non in modo così estremizzato, si sarebbe potuto raggiungere lo stesso obiettivo con un minor dispendio di capitoli come succede nella parte finale che diventa molto più scorrevole. Ci sono inoltre alcune ingenuità narrative dovute alla troppa foga di raccontare così tanti fatti e tanti personaggi ma nel complesso, grazie soprattutto alle idee sviluppate sulla traccia base della storia, mi sono ritrovata piacevolmente coinvolta. Ho anche notato alcune analogie con la serie Black Dagger Brotherhood di J.R. Ward ma la cosa non mi ha infastidita affatto. A mio avviso, con una attenta revisione e uno riduzione nei capitoli per renderlo più dinamico sarebbe perfetto. Comunque lo consiglio a chi ama il genere.
Questo il link al blog http://www.ilibridiale.it/wordpress/big-apple-di-marion-seals/
Commenti
Nessun commento ancora.