Prima di cominciare, un piccolo appunto per i miei lettori: questo romanzo fa parte di una serie, quindi, se non avete letto i volumi precedenti potreste incappare in involontari spoiler.
Ma ora veniamo a noi.
“Point break, book two: on the road” ci ha tenute col fiato sospeso prima ancora che uscisse. La sua serie di appartenenza, infatti, è una di quelle per cui i lettori sarebbero ben disposti a sostare fuori dalle librerie per ore pur di poter avere tra le mani, ancora una volta, i loro “eroi” cartacei, in tempo reale.
Puro sadismo? Forse. Dopotutto Marion in questo terzo volume – come se in quelli precedenti si fosse risparmiata- ci ha voluto proprio male… I kleenex diventeranno i vostri migliori amici e, spesso, sarete indecisi se fare come Charlotte e stordirvi con una camomilla di troppo o seguire l’”ottimo” esempio di Ryons e darci dentro con gli alcolici.
Perché provare a riassumere questa storia è impossibile: action, romance, suspense ma soprattutto la magia della vita, prepotente dominatrice della scena con la sua crudeltà e le infinte docce fredde che ci costringe a sopportare, ma anche con le immense ricompense d’amore e d’affetto che ci fanno sentire come se avessimo scoperto una El Dorado sommersa.
Ma andiamo a scoprire passo passo il perché delle mie parole.
L’ambientazione.
Come per il primo volume di questa duologia (Qui la recensione: https://www.facebook.com/…/a.12502349717…/1717952341598646/…) NY resta abbastanza sullo sfondo, in favore di due nuove location: Las Vegas per i miei amati Chyons, e Jennings, Louisiana, per Randy e il suo Finnigan mai-una-gioia Wood.
Come scelte, quindi, la Seals dimostra di saper reggere qualsiasi ostacolo le si ponga davanti – tant’è che di volta in volta vi sembrerà di avere davanti le fangosi paludi del Mississipi o il caldo infernale della città del peccato come se fosse davvero voi a visitarle – e anche di amare le situazioni al limite, come se “giocare” con due opposti l’aiutasse a non perdere quella nota di unicità e quella verve graffiante che contraddistingue tutto il romanzo.
Collocazioni geografiche vivide e stupefacenti!
Perfette anche le descrizioni degli ambienti interni che, spesso, fanno da “specchio” alla psicologia del personaggio in quel determinato momento (si pensi alla vecchia casa di Iceman).
Lo stile.
Una variabile su cui non è mai possibile fare previsioni al 1OO%, ecco cos’è la prosa di Marion. Se nel primo volume a definire il tutto è la verve onnipresente che quasi fa strizzare l’occhio alle chick-lit, nel secondo ci troviamo di fronte a un’ironia votata al cinismo e al disincanto.
E nel terzo? In questo volume la verve si rivela essere una delle soluzioni più gettonate per sconfiggere l’ansia e la paura, sottile come un velo che copre senza riscaldare davvero, da l’illusione, per qualche briciola di secondo, di stemperare la suspense riportarci con i pieni saldi al terreno.
Per il resto, come se fosse lei il cecchino che, paziente, siede nascosto su di una collina in attesa del momento buono per colpire, allo stesso modo la Seals dosa pathos, action e romance e, perché no, anche un po’ di eros, che non guasta mai. Tutto è studiato con scrupolosa precisione, non mancando mai il bersaglio neppure di un millimetro.
La prosa è talmente fluida da far sembrare naturale come respirare la gestione dei ben 4 pov differenti e completamente priva di refusi o di errori di qualsivoglia altra natura.
Spicca, come sempre, infine, il vocabolario di tutto rispetto e di ampio respiro che l’autrice ha alle spalle.
Che dire se non chapeau?!
I personaggi.
Li ritroviamo esattamente dove li abbiamo lasciati: Randy e Charlotte con una pesantissima spada di Damocle che pesa sulle loro teste e Finn e Ryons “angeli custodi” destinati ad assicurarsi la loro sopravvivenza in un mondo sempre più oscuro e pieno di insidie.
Due coppie, due destinazioni diverse, un viaggio interiore prima che esteriore, un solo destino: perdersi per poi ritrovarsi davvero, come se fino ad allora si fosse vissuti in apnea e solo nelle braccia dell’altro si potesse imparare a respirare davvero.
Fatte queste premesse, vi dico solo che per ¾ della storia ho odiato Iceman. Avrei voluto scuoterlo, prendere quelle sue larghe spalle e dargli uno scossone di quelli che non dimentichi fino alla fine dei tuoi giorni. Avrei voluto dirgli di svegliarsi, che sono altre le cose della vita di cui vergognarsi e che per questo suo atteggiamento timoroso stava rischiando di perdere quel diamante in mezzo al deserto che era per lui Randy.
Perché, nonostante gli svariati tentativi dello stilista più trendy e adorabile della Grande Mela di fare breccia nel cuore di ghiaccio del contractor, lui continua a respingerlo, usando tutto il suo arsenale al veleno per ferirlo, per costringere quella naturale disinvoltura e passionalità a ritrarsi, addirittura a farla sentire sbagliata.
Con lui non basteranno ne camomille ne alcolici, perché i suoi complessi e le sue ritrosie hanno messo radici così profonde nel suo cuore che sradicarle sembra impossibile, tant’è che sembrano fatte di cemento.
Persino le paludi del Mississipi sembreranno meno tortuose dello slalom affettivo sentimentale che dovrà affrontare Woody per trovare, se non un lieto fine, almeno il suo “c’era una volta.”
Per fortuna, o forse proprio per far da contraltare, Charlotte finalmente-una-gioia Davis fa esattamente quello che ci meritiamo: ci regala sospiri e ci strappa sorrisi senza nemmeno saperlo.
Neanche lei e Ryons avranno vita facile, dopotutto sono la somma di tutti gli spigoli acuminati che hanno collezionato negli anni e non basterà una semplice mareggiata a buttare giù le loro difese così strenuamente costruite. Ma la goccia scava la roccia, si sa: ed è così, che piano piano, due mondi che apparentemente sembrerebbe destinati alla collisione riescono a trovare un punto di appiglio in mezzo al mare in tempesta.
“Sei tu che salvi me o sono io che salvo te?” Non si sa, perché la vita li coglie impreparati di fronte a questa domanda, perché il fuoco di Ryons sembra fondersi maledettamente bene con il gelo artico di Charlotte e forse, allora, non c’è bisogna di andare a scavare chissà dove per cercare risposte. La tensione è palpabile fin da subito, il vulcano e il geyser sono pronti a esplodere, serve solo la giusta miccia e il talento per non mandare tutto in fiamme…
Tirando le somme? Personaggi descritti magistralmente, sia a livello fisico che psicologico, quindi, a costo di sembrare ripetitiva… chapeau!
Dulcis in fundo: editing e grafica.
Editing impeccabile. La cover, invece, purtroppo, non mi ha fatto impazzire.
Ma la volete sapere la vera pecca di questo romanzo? Questi quattro mi mancheranno tanto, tantissimo. Spero di ritrovarli, seppur in minima parte, nel prossimo volume della serie!
Giudizio finale: ma siete ancora qui a leggere? Correte a prenderlo, garantisco io!
“Vorrei dirgli che gli sono grato perché nei mesi appena trascorsi lui è stato la mia stella polare, in una rotta senza bussola. Ha aperto una breccia e mi ha permesso di uscire e di respirare, dopo tanto di quel tempo che neanche ricordavo più il profumo dell’aria…”
– Alla prossima, Giada.
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